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Grotte del Bandito



Le Grotte sono inserite nell'area protetta, denominata Riserva Naturale delle Grotte del Bandito, è ricompresa nel SIC IT1160056 “Alpi Marittime”.

Dal 2012 la Riserva Naturale è gestita dal Parco Naturale Alpi Marittime.

Grotte del Bandito


Questa la scheda descrittiva predisposta dall’Ente Parco Naturale delle Alpi Marittime:

Circa 200.000 anni fa, durante la terza glaciazione conosciuta col nome di Riss, la Valle Gesso era coperta da due grandi rami glaciali: il primo, detto ghiacciaio di Entracque, era formato dai ghiacciai della Barra, della Rovina e della Trinità; il secondo, quello di Valdieri, era costituito dall’unione del ghiacciaio della Valletta e Valasco con quello della Meris. Le due principali lingue glaciali andavano ad unirsi a monte di Valdieri formando il grande ghiacciaio del Gesso, spesso circa 300 metri e largo quasi due chilometri, che si estendeva fino alla stretta di Andonno.

Nell’ultima glaciazione, la Wùrm, i due rami glaciali rimasero separati tra loro. I detriti portati a valle dai ghiacci sono ancora oggi visibili nei depositi morenici di Tetti Bandito e San Lorenzo di Valdieri ed in quelli di Esterate e della Polveriera. In epoche più recenti, sorgenti sotterranee come quella della Dragonera presso l’abitato di Roaschia o quella del Bandito hanno scavato nelle rocce calcaree gallerie e cunicoli formando una fitta rete di grotte carsiche tra le quali appunto le Grotte del Bandito.

Nel Quaternario, in un periodo compreso fra i 66.000 e i 30.000 anni fa la Grotta del Bandito fu abitata da popolazioni di orsi oggi estinti, conosciuti in paleontologia come orsi spelei e orsi delle caverne. Erano creature di notevoli dimensioni: gli esemplari più grandi potevano raggiungere i tre metri e mezzo di altezza eretti sulle zampe posteriori, per un’altezza alla spalla di circa un metro e mezzo.

Si stima che il loro peso potesse raggiungere la tonnellata. Questi numeri collocano l’orso speleo tra i più grandi mammiferi carnivori mai comparsi sulla Terra. Le ossa di questi animali si sono depositate in gran numero sul fondo delle grotte del Bandito, conosciuta fin dall’Ottocento per i suoi ricchi giacimenti fossiliferi. Durante le piene del Gesso le acque invadevano i cunicoli e le sale sotterranee delle grotte, e i detriti da esse trasportati ricoprivano gli scheletri di orso permettendone la fossilizzazione.

Alla fine del XIX secolo alcuni rami della grotta furono sfruttati per la ricerca dell’oro, e nella frenesia degli scavi molti fossili andarono distrutti.

Per la scarsa resa e le difficoltà di setacciamento la corsa all’oro si spense ben presto.
Nei primi del Novecento, come testimoniano gli scritti raccolti presso il Museo Civico di Cuneo, le molte ossa di orso rinvenute nei dintorni della grotta venivano utilizzate dai bambini di Roaschia come svago, per costruire “trenini” di osso e altri giocattoli.

Sempre durante il Novecento molti scavi portarono alla luce, oltre a resti di orso, anche resti di vari altri animali, alcuni dei quali ricondutibili a frequentazioni della grotta da parte di uomini preistorici. Nel 1967 fu rinvenuto un coltello in bronzo attribuito alla prima età del ferro.
La grotta è oggi di interesse biospeleologico, per la presenza di anfibi e vari artropodi rari.
Queste grotte sono locus typicus di Eukoenenia spelaea e sono abitate dal Diplopode Plectogona vignai, dal Chilopode Lithobius scotophilus, dal CarabideTrechino Duvalius carantii ed è facile trovarvi il Carabide troglofilo Sphodropsis ghilianii, vagante sul fondo ghiaioso, Dolichopoda ligustica sulle pareti, insieme a Limonia nubeculosa ed a Lepidotteri dell’associazione parietale. Sulla volta delle gallerie in prossimità dei numerosi ingressi si possono osservare ragni troglofili come Meta menardi (subtroglofilo) e Nesticus eremita (eutroglofilo). Nelle stesse zone, ma al suolo o sulle pareti, è spesso presente il Geotritone (Speleomantes strinatii). Inoltre, sono state ritrovate 13 specie diverse di chirotteri tra cui Rhinolophus ferrumequinum, Rhinolophus hipposideros, Barbastella barbastellus, Myotis myotis, Myotis emarginatus, Myotis nattereri, Nyctalus leisleri, Plecotus auritus.

La località è oggi studiata per le caratteristiche biospeleologiche, per la presenza di vari anfibi e vari antropodi rari. E’ una visita descritta senza pericoli ma esclusivamente adatta a chi sa strisciare nei passaggi stretti che caratterizzano il suggestivo percorso.

LOCALIZZAZIONE:
latitudine: 44.17.23
longitudine: 05.01.32
superficie: 9,53 ha
cartografia di riferimento: IGM 1:25000: 90/I/NE Valdieri.